Al di là dei secoli

di Bruno Sullo
presentazione della mostra alla Locanda d’arte Heusch’s di Suvereto – 1991
Battaglia n°4 (da Paolo Uccello)  1990 collage e pastello su carta 45 x 63 cm

Una stagione particolare dell’arte, concentratasi negli anni settanta, successivamente spazzata via dal neo-attivismo e dal “nomadismo” degli anni ottanta, ed oggi apparentemente riemergente, ha proposto la concavità del pensiero e l’autoriflessione, una necessità profondamente sentita dall’artista di raccogliersi su se stesso, ripercorrere i motivi e le modalità del suo operare, affermare la “linea analitica” dell’arte.

 

Uno dei temi di questa tendenza, il binomio arte-storia dell’arte, è il punto di partenza del lavoro attuale di Claudia Cei, che, illuminata da un’improvvisa intuizione, ripropone all’attenzione del nostro tempo un grande maestro del quattrocento fiorentino, Paolo Uccello: una scelta che può sembrare gratuita ed invece è ponderata e convincente, poiché molti sono gli aspetti del maestro che possono affascinare un’artista come Claudia Cei, in fase di strutturazione della propria personalità e ben attenta al mondo in cui vive: nelle Battaglie di San Romano non possono sfuggire l’impostazione anti-naturistica della prospettiva (che si svolge in modo non univoco, a distinguere e differenziare i vari elementi della scena), l’uso “astratto” del colore (teso a delimitare gli ambiti di lettura, piuttosto che a descrivere le immagini), il segno grafico che delinea i contorni ed estrae i particolari dal contesto, la stilizzazione della rappresentazione (che è costruita secondo uno schema esterno e finisce per astrarsi da se stessa), l’atmosfera distillata e trasfigurata (quasi anticipatrice di certa poetica surrealista), infine la fissazione dei gesti in un momento immediatamente precedente l’evento con tutto il conseguente effetto di intensa e stralunata drammaticità. Tutti elementi di modernità di Paolo Uccello, che più di altri riesce a superare i limiti storici della poetica rinascimentale, ed incappa quindi nella disapprovazione del Berenson.

 

Per un’artista contemporanea un’illuminazione sulla strada di Damasco, provocata da Paolo Uccello, non è dunque illogica. Tuttavia, il riferimento moderno a un maestro quattrocentesco non potrà essere un’operazione archeologica né un omaggio passivo e ripetitivo; fuori luogo qui come in altri contesti, qualunque ipotesi “citazionistica” che pure ha imperversato in anni recenti. Gli artisti si affrontano ad armi pari, ciascuno con il proprio bagaglio culturale, in un’operazione artistica che, solo così, può superare i secoli senza scivolare nel ridicolo o nella pura accademia. Claudia fa dunque bene a riproporre Paolo Uccello con lingua, sensibilità e materiali che sono di Claudia e non di Paolo: l’impianto delle Battaglie viene molto modificato, radicalizzato nelle sue peculiarità espressive, il fondo (quello che Francastel giustamente indica come un’eredità ancora medioevale) eliminato, la folla dei cavalli e dei cavalieri schiacciata sulla superficie, gli atteggiamenti fortemente stilizzati, le scene parziali estratte dal contesto. Sono libertà che Claudia si prende con Paolo Uccello: ma grazie a queste libertà il maestro fiorentino diviene una presenza viva, un suggeritore reale, che però viene trasceso senza pentimenti, in un complesso rapporto bi-univoco la cui componente principale rimane la libertà degli interlocutori.

 

Entrando più specificamente nel contesto, è tipica di Claudia la contemporanea presenza di due diverse manualità: da una parte, il classico intervento della matita e del carboncino, che esprime interesse per il particolare, delineato (come faceva Paolo) con attenzione e felice vena; dall’altra, la scelta, il taglio e l’incollaggio di materiali cartacei (quotidiani, illustrazioni, carta colorata di per sé), che sono usati in senso funzionale, per descrivere le figure e riempirle di se stessi e di tutto il proprio potere spiazzante. Gli interventi sono ancora un po’ rigidi, disponendosi ad un dialogismo alquanto schematico; la materia è usata con qualche forzatura, piegata a forme estranee (lance, teste di cavallo, ecc.), così da tradire la sua natura di semplice mezzo e da rivelare un non completo approfondimento delle sue possibilità linguistiche. L’uso del colore è straordinario: rutilante, audace, talora gioioso, esso vince queste difficoltà e ben dissimula qualche scivolamento, dotando i lavori di forte personalità e sospingendoli, con giovanile baldanza, ad alti livelli espressivi.

 

Per concludere, la scelta felice di Paolo Uccello, la radicalizzazione della composizione e il contributo intenso del colore sono gli elementi sostanziali della proposta di Claudia. Non tutto, è vero, è risolto (soprattutto nell’uso dei materiali), ne tutto è condotto alle logiche conseguenze: ma questo sarà il risultato di un cammino di meditazione e di maturazione, non certo l’elemento distintivo di una parabola appena iniziata.